"Io Tarpea, Io Ersilia" è una tappa del progetto “Quando i Sabini (si) chiamavano Sabo” che ha ripercorso la storia dei Sabini da Cures a Roma, domenica 3 gennaio nella chiesa di Santa Chiara di Fara in Sabina. Romana è Tarpea, che sostituisce suo padre nel compito di custodire il Capidoglio. Ma Tarpea è anche una donna innamorata del re dei Sabini, Tito Tazio, e agendo sotto l’impulso del sentimento amoroso lascia il Campidoglio nelle mani dei Sabini. Lo spettacolo mette in evidenza quelle linee d’ombra, diciamo pure di ambiguità di un preciso momento storico concedendo un’assoluta priorità ai personaggi femminili. Io Tarpea, Io Ersilia è un concerto di voci accomunate dalla ricerca di un riconoscimento, dalla passione e dalla volontà di mostrarsi così come la storia non ce le racconta. Una collaborazione tra Regione Lazio, Provincia di Rieti, Comune di Fara in Sabina, Associazione Estate’97 e Associazione Arte in Strada.
Si racconta il celebre Ratto delle Sabine e quel che avvenne dopo, dal punto di vista delle “romane” e da quello delle “sabine”.
La leggenda ce la mostra come una donna avida che tradisce la sua terra per bramosia dei gioielli che i sabini portano sulle loro braccia e paga questo suo tradimento con la morte.
Sabina è Ersilia, in viaggio a Roma con suo padre. Durante questo viaggio incontra il primo Re di Roma, Romolo e neanche a farlo apposta se ne innamora.
Il costume sabino le impone la rinuncia a un amore che non sia deciso dal padre.
Attraverso i racconti delle 2 donne emergono affinità e differenze tra due civiltà, quella romana e quella sabina, che hanno a lungo dialogato nella storia.
E’ dalla loro identificazione, come dall’analisi dei rapporti che le svelano e le legano, che si può raggiungere o sfiorare il senso nascosto, così ben difeso nelle zone d’ombra e ricostruire la coerenza globale di una civiltà sospesa tra storia e leggenda
Due donne escono dalle pagine immobili per farsi presente, vivo.
con: Maria Dominici, Sara Quattrocchi, Marco Tranquilli
suono: Andrea Piovesana
disegno: Federico D’Artibale
drammaturgia e regia: Mariana Giomi
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